Bizzarra divinità, bruna come le notti,
profumata di muschio misto all’avana,
opera di un qualche [...]
Non le smorte beltà di figurine,
malsane figlie d’un tempo vanesio,
dita da nacchere, piedi da scarpine,
potranno in me saziare il desiderio.
Lascio a Gavarni, poeta dei tisici,
le belanti bellezze d’ospedale:
io non trovo tra queste rose misere
un fiore pari al mio rosso ideale.
Lo colmi tu l’abisso del mio cuore,
Lady Macbeth, del crimine signora,
sogno d’Eschilo schiuso all’uragano,
o tu, grande Notte, di Michelangelo
figlia, che torci il pose strane le agili
tue forme sotto i baci di Titano.