Non a me più il vento fra i capelli
caro dilunga, e delusa è la fronte:
inclina il capo docile ai fanciulli
sulla piazza, agli alberi rossi in curva.

Con umana dolcezza
autunno mi consuma. E questa furia
d’ultimi uccelli estivi sulle mura
della Curia ha il grigio dei portali,
dura nell’aria e dentro il mio
quieto stormire.

Risento
il monotono ridere senile
dei migranti acquatici,
lo scroscio improvviso di colombe
che divise la sera e a noi il saluto
a riva di Hautecombe.

Esatto quel tempo s’umilia nei simboli,
e anche questo, vivo alla sua morte.

Se ne va il mio dominio da te; rapido
muta: cosi contro il vento nero
delle finestre, l’acqua della fontana
in pioggia leggera.

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